martedì 23 giugno 2015

Il boom!

Siamo nei primi anni '60, celebrati in ambiti diversi come il periodo del cambiamento, della 500, dei Beatles, del twist e del rock 'n' roll.
In Italia sono anche gli anni del "boom”, del miracolo economico e dell'ottimismo. Ma è proprio in questo periodo che nascono questioni inedite, legate appunto ai cambiamenti repentini nella società e nello stile di vita di molte persone.
   È in questo contesto che cala la sua lente d'ingrandimento uno dei giganti del cinema italiano, Vittorio De Sica e lo fa con una storia agile, magistralmente scritta da Cesare Zavattini, il quale nel solco della commedia all'italiana riesce a divertire ma al tempo stesso, con piglio tutto neorealista, induce nello spettatore una profonda riflessione su temi scottanti ed attuali ancora oggi.


   Giovanni Alberti (Alberto Sordi) è un uomo d'affari operante nell'edilizia. Ha amici facoltosi, ricchi costruttori ed esponenti di spicco dell'alta società con i quali condivide i momenti liberi e le feste eleganti a base di costosissimi champagne
   Ma se per i suoi amici le cose non potrebbero andare meglio, giacché il boom economico sta vertiginosamente incrementando i loro guadagni, per Alberti le cose vanno in modo un po' diverso: gli affari vanno male ed i soldi iniziano a scarseggiare. 
   Sua moglie Silvia (Gianna Maria Canale), affabile donna a suo agio nello sfarzo della vita mondana, per niente al mondo tollererebbe di sprofondare nella “banalità” di una vita normale. Giovanni lo sa bene, così attua una strategia: fingere che tutto sia rimasto esattamente come prima. Andare avanti come nulla fosse, garantendo all'esigente moglie il lusso dei giorni trascorsi a bighellonare di notte per la città con fiammanti auto sportive. 
   Ma questa farsa non poteva andare avanti per molto. Così, dopo un po' di tempo passato in relativa tranquillità, i nodi vengono al pettine e tutta la famiglia e gli “amici” si rendono conto che Alberti si sta indebitando fino al collo e che la corsa affannosa per mantenere uno stile di vita ormai incompatibile con i suoi guadagni (praticamente inesistenti), lo sta portando sull'orlo del baratro
Da quel momento inizierà il suo calvario: la moglie, venuta a sapere dei fallimenti del marito, lo pianta portandosi via anche il bambino; amici e parenti, prima disponibili e brillanti, gli voltano tutti le spalle. 
Il mondo inizia a crollargli addosso. 
   Ormai solo come un cane, Alberti brancola nel buio cercando il modo di sopravvivere

   Improvvisamente, incappa in uno strano e ricchissimo costruttore (il Bausetti, interpretato da Ettore Geri) il quale da tempo cerca, con l'aiuto dell'astuta moglie (Elena Nicolai), qualcuno che gli possa vendere un occhio da trapiantare (!), dietro lauto pagamento s'intende, giacché il suo lo aveva perso anni prima in cantiere, a causa di uno schizzo di calce. 


   Il dubbio pervade Giovanni. Inizia a pensare che in fondo, anche senza un occhio, potrebbe continuare a vivere in maniera abbastanza normale, ma al tempo stesso risolverebbe tutti i suoi problemi economici, tornando ad essere accettato dalla famiglia e dagli amici facoltosi, che rassicurati da un conto in banca di nuovo “all'altezza” tornerebbero a ricordarsi di lui... Che fare?

Risalta in questo film un Alberto Sordi in gran forma, completamente a suo agio in una parte agrodolce che da “La grande guerra” in poi, sperimenterà in diverse pellicole quali ad esempio “Una vita difficile” fino a raggiungere il vertice con “Un borghese piccolo piccolo”, nel suo periodo più maturo. 
La direzione di De Sica non ha bisogno di commenti: qui il grande regista, tra i fondatori del Neorealismo, è totalmente padrone della commedia all'italiana alla quale riesce ad imprimere delle forti venature drammatiche, anche per mezzo di episodi che potrebbero sembrare al limite del plausibile, quali l'elemento centrale del film, ovvero la proposta di acquistare un occhio altrui. 
In definitiva ne risulta un occhio (è il caso di dire...), puntato sulla contraddittoria realtà del periodo, che dietro a lustrini e luccicanti insegne, nascondeva contraddizioni e problematiche sulle quali erano ancora in pochi a ragionare.

Jurij Nascimben
(distribuito su licenza CC-BY-NC-SA)




Il boom
Regia di Vittorio De Sica
Soggetto e sceneggiatura di Cesare Zavattini
con Alberto Sordi, Gianna Maria Canale, Ettore Geri, Elena Nicolai
Italia - 1963


martedì 16 giugno 2015

(Ri)scoprire Méliès

Siamo a cavallo tra la fine dell'800 ed i primi anni del '900. I fratelli Lumiere hanno inventato già da qualche anno un apparecchio rivoluzionario, che consente di "intrappolare" delle immagini in movimento: è l'alba del cinema.
   I Lumiere sperimentano alcune delle possibilità del mezzo cinematografico in molti cortometraggi, alcuni dei quali visibili ancora oggi (su Youtube se ne possono trovare diversi). Ciò che unisce questi pionieristici lavori è la tendenza alla documentaristica: i Lumiere piazzavano la loro ancestrale macchina da presa sulla banchina di una stazione, in una strada, davanti all'ingresso di una fabbrica, dinanzi ad un tavolo da gioco ecc., e registravano fedelmente e realisticamente quello che succedeva. In questo modo sono arrivati fino a noi documenti preziosissimi che rappresentano, esattamente per quella che era, una determinata epoca storica.



Ancora non vi era un'organica tendenza a costruire intorno a quella scatola di legno con un obiettivo, una vera e propria arte, fatta di un suo specifico linguaggio, di una sua poetica, di particolari stili e tendenze. E' anche abbastanza ovvio che fosse stato così, poiché i Lumiere erano scienziati ed inventori e probabilmente, nelle loro invenzioni, indirizzavano i loro approfondimenti su potenzialità diverse da quelle artistiche.
   Sembra quasi che con quei corti i Lumiere volessero dire ai loro contemporanei 
"Bene. Questa è una macchina da presa e funziona così. Ora sta a voi inventare il cinema!" 
Questo invito fu raccolto con entusiasmo da un vero e proprio pioniere dell'arte cinematografica: il francese Georges Méliès. Proveniente dal mondo dell'illusionismo, Méliès fu il primo ad intuire alcune delle potenzialità "spettacolari" del nascente cinema, soprattutto introducendo un uso, rivoluzionario per l'epoca, del montaggio.


Tagliando la pellicola qua e là, infatti, Méliès si rese conto che, come negli spettacoli di magia, era possibile far sparire le persone, trasformarle in altre persone ancora, fargli cambiare repentinamente sembianze ecc. Ecco che tutti questi "trucchi" iniziarono a sostanziarsi in centinaia di cortometraggi che raccontavano storie fantastiche, surreali, oniriche. Uno dei più celebri è "Viaggio dentro la Luna" del 1902 che racconta una fantastica avventura durante la quale alcuni astronomi terrestri approderanno sul nostro satellite, dove dovranno affrontare le creature del posto 
Memorabile la celebre scena dell'allunaggio del razzo, ottenuto sovrapponendo un viso umano alla sagoma della Luna, tale da far cadere il razzo esattamente in un occhio, nonché l'effetto di montaggio straordinario ed estremamente preciso che fa sì che le creature lunari, se colpite, scompaiano in un'esplosione lasciando un alone di fumo. 




   Ecco che, in questo contesto cinematografico pionieristico, iniziano ad apparire fondali elaborati ed illusionistici (per i loro ingegnosi giochi di prospettive che danno un effetto di profondità) allestiti all'interno di teatri di posa ante litteram.

   Dopo queste rivoluzioni il cinema è definitivamente avviato. Di lì a poco assumerà sempre più una sua autonoma fisionomia e connotazione. 

   Perché riscoprire Méliès? 
Perché i suoi lavori ci riportano ad un cinema fatto di mezzi realmente modesti ma di ingegno e voglia di sperimentare veramente fuori dal comune. Guardare i suoi corti rappresenta un'esperienza veramente unica, imprescindibile per qualsiasi appassionato di cinema, poiché Méliès, con la sua inventiva ed il suo entusiasmo, non fa solo parte della Storia del cinema, ma anche del suo futuro.


Jurij Nascimben

Licenza Creative Commons
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Che ora è?

Il pretesto per parlare di Ettore Scola ce lo fornisce uno dei suoi film più importanti: "Che ora è?" anche se nell'immaginario collettivo non compete certo con le pietre miliari della sua produzione di sempre, come "C'eravamo tanto amati" oppure "Una giornata particolare", solo per citarne due.
   Un padre ed un figlio a confronto. Il tema potrebbe sembrare scontato ed abusato se inserito all'interno di una normale e soprattutto banale commediola. Tutto cambia però se nell'obiettivo si muovono Mastroianni e Troisi e dietro la macchina da presa c'è proprio Ettore Scola. E' proprio sul confronto fra generazioni e sulla differenza di prospettive che caratterizza la vita dei due personaggi principali di questo film, che si svolge una storia fra le più riuscite del cinema italiano degli ultimi venticinque anni. 



   L'accoppiata fra due sensibilità cinematografiche apparentemente distanti potrebbe sembrare azzardata: da una parte un navigato ed esperto Mastroianni, veterano di un certo cinema all'italiana già allora estinto, dall'altra un Troisi fra i migliori rappresentanti della nuova comicità, capace di proiettare le maschere napoletane nel futuro; in realtà tutto ciò costituisce uno dei punti di forza di questa pellicola. Michele, un ragazzo semplice e senza particolari “grilli per la testa” (Massimo Troisi), laureato in Lettere ed impegnato nel servizio militare in una caserma di Civitavecchia, riceve la visita del perennemente indaffarato papà Marcello (Marcello Mastroianni), ricco avvocato di vecchio corso, attento al vestiario ed ai piaceri della vita. I due, da anni lontani, ormai non sono distanti solo fisicamente: il tempo ha accentuato le differenze fra padre e figlio, facendo emergere inesorabilmente due caratteri contrapposti, due distinti stili di vita. Inizia così una giornata molto particolare che i due passeranno insieme confrontandosi, scontrandosi, riflettendo sulle loro rispettive vite trascorse ed a venire. 
   Scontro generazionale, sì, ma anche semplice e puro confronto fra due individui, legati da un affetto sicuramente sincero ma allontanati l'uno dall'altro da modelli e concezioni della vita nel tempo divenuti inconciliabili. La storia si svolge in una cornice molto suggestiva, una Civitavecchia bagnata dalla pioggia, ricca di sfumature e di momenti altamente espressivi, complice un mare invernale, il tutto commentato dalle sapienti musiche di Trovajoli
   Un vecchio orologio da taschino farà da filo conduttore, una semplice domanda schiuderà la chiave del racconto:

“Che ora è?”

   Si conferma in questa pellicola la tendenza di Scola ad una gestione teatrale degli spazi, quel minimalismo che negli anni si è imposto come un tratto distintivo del suo stile. 
"Una giornata particolare", "La cena", "La famiglia", "Concorrenza sleale", "Il viaggio di Capitan Fracassa", "Splendor", sono solo alcuni dei suoi film dove la sceneggiatura prende vita in un universo ristretto, a volte limitato nel tempo ma sempre circoscritto in uno spazio preciso, per far emergere con forza le storie raccontate ma soprattutto per restituire una dimensione umanaplausibile al suo universo drammatico. 



In questo senso, la lezione neorealista è ben presente nella mente di Scola, quel neorealismo fatto di storie "qualunque", di accadimenti "insignificanti" per la grande massa ma che in realtà celano un potenziale drammatico dirompente, proprio perché autentiche e circoscritte.
Basti pensare ai seminali "Ladri di biciclette" e "Umberto D.", entrambi di Vittorio De Sica. Non è un caso se il grande regista, fra i padri del neorealismo, sia stato ampiamente omaggiato da Scola in "C'eravamo tanto amati", con una dedica e numerosi riferimenti a "Ladri di biciclette", nonché un'apparizione di De Sica stesso.
   Nel mondo cinematico di Scola non c'è spazio per storie urlate o situazioni sopra le righe: anche nei casi più "estremi", come in "Brutti, sporchi e cattivi", tutto è ponderato e "giusto". Risiede proprio in questo straordinario equilibrio la forza narrativa di Scola. Un equilibrio che di fatto è la manifestazione di una eleganza che lo pone di diritto fra i più grandi geni del cinema italiano.


Jurij Nascimben

Che ora è?
Regia di Ettore Scola
Con Marcello Mastroianni, Massimo Troisi, Anne Parillaud, Lou Castel.
Italia - 1989
Licenza Creative Commons
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